"Viviamo nel mondo delle fate"
Essere sognatori è dura. Alessandra ed Erik ci insegnano che non è impossibile.
Mi piacciono le persone passionali, quelle che guidate da un fuoco interiore hanno il coraggio di andare dritte per la loro strada.
Matti, diversi, estremi, incoscienti e sognatori: per me sono solo individui che possiedono una visione più ampia e profonda della vita. Sono quelli capaci di vedere e di cogliere sfumature di bellezza non sempre evidente o convenzionale che richiede una sensibilità particolare per essere apprezzata.
Ho raccolto la sfida di Alessandra e ho spostato lo sguardo su orizzonti inusuali, scoprendo così la bellezza nascosta in una scelta diversa.
A Blello non si capita per caso, a meno di perdersi in Val Brembilla. Lì, ad un certo punto la strada si interrompe e davanti hai solo distese di prati e montagne orobiche a far da cornice. E non chiamatelo frazione, perché con i suoi 74 abitanti (uno più, uno meno) è un Comune bergamasco a tutti gli effetti. Uno dei tanti piccoli paesi che popolano le valli montane divise da mulattiere che un tempo non tanto lontano ne delimitavano i confini. A Blello ci si arriva dopo una serie di tornanti fagocitati da un bosco rigoglioso che rende l’atmosfera quasi magica. E proseguendo in questo tunnel naturale hai come l’impressione di lasciarti alle spalle tutte le ansie quotidiane.
Superato il bosco, riconosco Alessandra, che mi sta aspettando per portarmi nel Oak Church Ranch, costruito con il marito Erik.
Laureata in Scienze dell’Educazione, counselor specializzata nel disagio giovanile, insegnante. ” Ho sempre patito il sistema scolastico tradizionale per la mancanza di libertà di espressione e i metodi troppo rigidi”, mette subito in chiaro le cose.
Archiviato l’insegnamento, inizia per lei un periodo di cambiamenti: diventa allevatrice di Bull Terrier Miniature, poi stalliera, quindi si sposa, si separa, resta sola. “In quel periodo un po’ burrascoso lavorare a stretto contatto con i cavalli mi ha salvato la vita. Ho cominciato a guardare gli animali non come mezzo di sfruttamento commerciale ma come esseri senzienti e la loro sensibilità mi ha conquistata. Entrare in contatto con la natura attraverso un animale è stata la mia vera rivoluzione”.
Poi è arrivato il ranch…
L’idea di vivere in montagna, lontano dalla città è sempre stato un po’ il mio sogno. Da bambina e da adolescente ci andavo con mio padre e quella dimensione ha sempre fatto parte di me. Il ranch è arrivato con Erik, mio marito, educatore cinofilo. La scelta di vivere a Blello non è stata casuale, perché cercavamo un luogo isolato ma raggiungibile dove realizzare il nostro sogno, per poi popolarlo di animali riscattati da allevamenti intensivi o dal macello e dove costruire una comunità educante per avvicinare l’uomo alla natura.
Come nasce il nome Oak Church Ranch?
Da un evento strano, irreale. Mi trovavo con Erik a un corso di formazione per la conduzione del bestiame, quando un uomo in bicicletta si accosta, inizia a dialogare e ci invita a sederci sotto la sua grande quercia. Ci trattava come persone straordinarie e in quel momento abbiamo capito che il progetto del ranch doveva essere la nostra destinazione. Ad un tratto, non so come, quell’uomo l’abbiamo perso di vista e alla quercia non ci siamo mai arrivati, ma quell’incontro è stato illuminante. Quindi Oak è la quercia, Church perché siamo credenti e crediamo in una comunità solidale. Ranch perché, a differenza di ‘fattoria’, è un nome che ci dà la sensazione di animali in libertà, non costretti in recinti. L’abbiamo poi popolato con asini, una cavalla, galline, piccioni, capre, oltre a sette cani e programmato attività educative, dedicate soprattutto a bambini e adolescenti.
Le aspettative erano buone, l’impegno massimo ma qualcosa non ha funzionato.
Il problema è stato non avere un riscontro economico dalle attività proposte. Le spese erano parecchie, dal costo del fieno che negli ultimi tempi è aumentato a quello delle cure veterinarie. Ad un certo punto non siamo più stati in grado di sfamare i nostri animali, soprattutto gli asini e la cavalla. È stato un momento molto difficile, eravamo disperati perché il nostro progetto stava naufragando e l’unica soluzione per venirne fuori era separarci da loro, donarli a strutture in grado di mantenerli.
Poi, cosa è successo?
Quando ormai tutto sembrava perso, è arrivato il miracolo! La proprietaria di un fondo ha bussato alla nostra porta offrendoci i pascoli per i nostri animali. Loro avrebbero potuto sfamarsi e in cambio avrebbero tenuto pulito i prati. Un’occasione importante, che ci ha fatto capire che era arrivato per noi il momento di aprirci. Esprimendo la nostra solitudine e il nostro bisogno anche sul nostro canale YouTube, la comunità ha risposto con la solidarietà. C’era il rischio di essere forestieri per sempre, “quelli del ranch”. Invece abbiamo chiesto aiuto e questo è arrivato.
Abbiamo quindi capito che stavamo vivendo troppo nel nostro sogno, perdendo l’opportunità di interagire e di crescere anche con chi non è allineato con il nostro stile di vita. Siamo partiti pensando che le persone dovessero accettarci, ora sappiamo che le persone vanno avvicinate.
Quindi, ora come è cambiata la vostra visione?
Il progetto del ranch continua. Stiamo però creando reti con altre famiglie per avvicinare più persone alla natura. C’è chi giudica questo progetto un fallimento, ma dietro al nostro fallimento c’è un pensiero importante che resiste ancora. Nonostante tutto.
Com’è la vostra giornata tipica?
Sveglia alle cinque, accudiamo gli animali, puliamo i ricoveri, carichiamo il fieno, puliamo le falde d’acqua che poi raccogliamo, ci occupiamo di nostro figlio Enoc che ha due anni. Cerchiamo collaborazioni nei paesi limitrofi, proponendo progetti educativi soprattutto a scuole, asili e ora anche alla comunità anziana. Il ranch ha una superficie di circa due ettari che richiede cura. Raccogliamo i frutti della terra, che a seconda delle stagioni sono castagne, fragole, aglio orsino, eleagni, noci e la legna per riscaldare la casa. A Blello non arriva il metano, così abbiamo scelto di non usare la bombola a gas. Ogni giorno il territorio è una scoperta ma anche una sfida che noi accogliamo. Conduciamo una vita semplice, senza pretese, cerchiamo di fare scelte sostenibili anche se per alcuni sono estreme. Ad esempio non abbiamo la vasca e il bagno lo facciamo in un catino per evitare sprechi d’acqua, nel pollaio non abbiamo il gallo per evitare di mangiare uova fecondate e stiamo studiando strategie di autoproduzione di ortaggi, anche se il terreno del ranch non è molto adatto alle coltivazioni
Ai più sembriamo un po’ matti, fuori dalla realtà, gente che vive nel mondo delle fate. Noi vogliano semplicemente portare un cambiamento nelle persone che lo stanno cercando Vogliamo sperimentare un modo diverso di essere famiglia, più a contatto con la natura e il selvatico.
Cosa le ha insegnato la natura?
A rallentare, a seguire i ritmi che impone. A conoscermi meglio come essere umano, a vivere il momento perché è la natura che detta le regole. A togliere, più che ad aggiungere. A essere grata per ciò che ho, anche se si tratta solo di una giornata di sole. Ho una personalità altamente sensibile, sono sempre stata così fin da bambina. Una predisposizione che mi rende più esposta agli eventi. Forse per questo motivo ho sempre cercato uno stile di vita più semplice anche se controcorrente. E l’ho trovato proprio avvicinandomi alla natura.
Crede sempre nei sogni?
Vivere da sognatori è difficile, ma non riuscirei a essere diversa. Ho incontrato una persona che ha capito e mi ha accettata. Sono stata fortunata. Penso a mio figlio Enoc, mi piacerebbe che anche lui portasse se stesso e il proprio fuoco nel mondo. Qualunque esso sia, avendo sempre cura di non spegnerlo.