Peter Moser1 sembra uscito dalla capsula del tempo. Ha gli occhi piccoli, vivaci e quando ti parla sono sempre rivolti verso un orizzonte immaginario. Come se in quel momento si trovasse sulla cima di una delle sue montagne. Le Dolomiti.
Lì, senza fretta, il 10 agosto 2021 ha realizzato il sogno di concatenare in un solo giorno sei delle principali cime delle Pale di San Martino. “Volevo fare qualcosa per me stesso. Ho tolto tutta l’attrezzatura perché desideravo restare solo con la montagna. Una grande fuga di un giorno dove ho respirato la libertà e ho ritrovato le mie radici, come alpinista, guida e come montanaro”, racconta Peter.
Da San Martino di Castrozza, punto di partenza, al Cimon de la Pala. Quindi, inanellandole una dopo l’altra, Pala di San Martino, Cima Canali, Sass Maor, Sass d’Ortiga, per concludere la sua incredibile cavalcata sul Piz de Sagron: “Una cima solitaria per un arrivo solitario come l’avevo sempre sognato”.
L’incredibile concatenamento di Peter Moser è stato raccontato nel film Pionieri2 prodotto da AKU e diretto da Alessandro Beltrame (io ne ho curato la sceneggiatura ☺️), un viaggio intimo e solitario lungo le Vie Normali delle Pale, sulle tracce dei primi temerari salitori ispirati dalla voglia di conoscenza più che dalla conquista.
Chi è Peter Moser?
Sono nato in Trentino, sono di origini sud tirolesi. Tutta la mia famiglia proviene da lì e dall’Alto Adige, montanari e contadini da generazioni. Anch’io sono un contadino, ma a differenza loro ho praticato anche sport di montagna. L’unico della famiglia ad averlo fatto. Diciamo che sono stato il primo ad affrontare delle fatiche “inutili” in montagna.
Peter Moser da bambino era…
Irrequieto e contrario a ogni tipo di costrizione. Boschi, animali selvatici, esplorazione delle montagna intorno a casa: questo era il mio mondo. Avevo sempre voglia di mettermi in gioco, di vivere l’incognita dell’avventura. Che poi sono le stesse sensazioni che ricerco adesso. A 10 anni avevo già esplorato tutti i boschi intorno alla mia proprietà. Poi, non avendo più nulla da scoprire, ho spostato la mia visione oltre quei confini per vivere nuove esperienze.
Si ricorda la prima volta che ha toccato la roccia?
Sì, ero un ragazzino ed era la parete sopra il mio maso. Rocce non proprio adatte alla scalata, dove si muovevano con disinvoltura solo gli animali selvatici. Salivo su quei massi senza corde e senza un minimo di tecnica. Era semplicemente un provare ad andare su.
E la prima arrampicata?
La sensazione della prima arrampicata me la porto ancora dentro ed era quella di sentirmi perfettamente a mio agio. Provavo una facilità innata perché fin da bambino ero abituato rischiare la vita sulle cenge e sugli sfasciumi. Era un gioco nuovo, tutto qui. Ricordo il fastidio che già allora mi dava il materiale tecnico. La corda, ad esempio, mi si arrotolava alle gambe. Non sapevo come usarla, mentre mi sentivo più sicuro usando solo mani e piedi. Mi sono quindi innamorato di questo nuovo modo di muovermi e ho dedicato la mia vita all’arrampicata sulle pareti verticali.
Che rapporto ha con la paura?
Mi ricordo le prime salite, il sangue nelle unghie, il terrore. In certe situazioni ho giurato più di una volta di buttare via tutto. Ho pensato: se sopravvivo questa è l’ultima volta. Sto a casa a mangiare pasta, polenta e luganiga3. La montagna però ti richiama sempre e la voglia di tornare su quelle pareti è più forte della paura.
Cosa significa amare la montagna?
Amare la montagna non coincide sempre con il volergli bene. Io l’ho maledetta tante volte, lavorando al freddo o quando, durante le arrampicate, pensavo di non farcela. È come il rapporto con la famiglia, a volte si litiga ma si continua a farne parte. L’amore per la montagna non è solo la vacanza dove va sempre tutto bene. L’innamoramento dura quindici giorni poi passa. Se il rapporto è vero, allora può durare e ciò significa prendere il bello e il brutto della relazione. E questo si chiama amore, che richiede tempo e conoscenza.
Cosa l’affascina della montagna?
Sono attirato dalla montagna perché è una parentesi dove non esistono delle regole. Ognuno è padrone di se stesso. Io ricerco l’anarchia, non ne posso fare a meno. Non trovo altri spazi dove sentirmi libero di muovermi. La montagna mi permette di essere padrone delle mie paure e anche di pagare per le mie scelte.
Eppure l’essere umano cerca sempre delle sicurezze, non crede?
L’uomo vuole avere l’assoluto controllo della sicurezza della propria vita e della vita altrui. In montagna non esiste questo. Si può vivere la montagna senza avere la badante, il carabiniere o lo Stato che impone delle regole per preservarti. Lì, sei veramente padrone di te stesso nel bene e nel male. E se sbagli sei fuori.
Ha mai pensato di esplorare altri luoghi oltre il Trentino.
In Trentino mi muovo in terreni di cui i turisti non conoscono nemmeno il nome. Sono affascinato dall’esplorazione ma preferisco continuare a ricercare posti inediti e solitari nelle mie valli.
Per questo suo modo di pensare e di vivere la montagna non si sente diverso rispetto ad altri alpinisti?
Ci sono animali che vengono protetti perché si stanno estinguendo. Io mi sento una di quelle specie. Faccio parte di quelle persone che cercano di portare avanti una cultura della montagna che sta scomparendo.
Ha qualche rimpianto?
Rimpiango solo di non aver vissuto la montagna ai tempi di mio nonno e dei valligiani di una volta, cioè in spazi immensi e inesplorati. Però poi mi consolo pensando che a quei tempi avrei di sicuro passato tutti i giorni a rastrellare il prato e non certo ad arrampicare.
Devo dire che ha un legame molto solido con la sua terra.
Sì, è vero. Credo che quando hai le radici ben inglobate in un sasso non le puoi più togliere e impiantare in un altro terreno. Sono cose che ti differenziano rispetto a tutti gli altri. L’appartenenza ti rende unico. Sei come come un albero secolare che non si può spostare.
Peter Moser è alpinista, guida alpina (lo diventa giovanissimo, a vent’anni), agricoltore, montanaro. Per cinque anni fa parte del Gruppo Militare Alta Montagna del Centro Sportivo dell’Esercito. Oltre al concatenamento delle Pale di San Martino, tra le sue esplorazioni (non chiamatele imprese!) ricordiamo quella portata a termine nel 2020, quando ha unito oltre 200 cime sopra i 2.000 metri della catena del Lagorai‐Cima d'Asta.
Il film Pionieri, è stato selezionato e proiettato per la prima volta al Film Festival di Trento (2023), dove è stato accolto con critiche positive. Hanno quindi fatto seguito importanti menzioni e riconoscimenti come, ad esempio, il premio per il miglior film di montagna al Tegernsee International Mountain Film Festival in Germania, il Premio della Giuria al Poprad Mountain Film Festival in Slovacchia e il primo posto alla 9° edizione di Cortomontagna, il concorso per cortometraggi dedicati alle terre alte.
Qui potere vedere il trailer di Pionieri, con riprese a fil di cielo e ricostruzioni storiche dei primi salitori. Belle le parole del Mago Maurizio Zanolla, Manolo, che nel film riflette sul suo nuovo rapporto con la montagna: “ Sono tornato ad avere timore a sentirmi piccolo in questi luoghi. Che sono invivibili dentro, che ci è concesso di entrare solo per un breve momento, perché dentro non possiamo rimanerci a lungo. Dobbiamo uscire. Siamo degli uomini”.
Nome che si usa dare in Veneto e in Lombardia alla salsiccia.