Progetto Pasturs: quando la montagna insegna a convivere
Alba in malga, bestiame da accudire, predatori da cui proteggersi: il racconto di un'esperienza che trasforma i giovani volontari in custodi delle terre alte.
La vita in malga è avventura e coraggio, fiori e piante spinose, sveglia presto e buon cibo, animali e natura, abeti e ruscelli, fango e stivali di gomma, cinguettii e muggiti, formaggio fresco e letame, fili d'erba e cielo limpido, sole cocente e temporali forti, protezione e attacco, fecondazioni e nascite, lavoro sodo e attenzione, nuove amicizie e turismo, risate e coccole.
La vita in malga è meraviglia e stupore. Ogni giorno. Esperienza. Connessione. Consapevolezza. Personale. Intima. Dura. Tua. Nostra. Mia.
Palma Gargiulo
Le parole di Palma mi colpiscono immediatamente: sincere, cristalline, leggendole vengo trasportata su quelle montagne, sento l'odore dei prati e il suono dei campanacci. Una poesia senza rime né metrica, che racchiude però un'esperienza profonda.
Ma partiamo dall'inizio.
Palma Gargiulo è una ragazza napoletana impegnata nello sviluppo di una start-up orientata alla produzione di packaging sostenibili per il settore ittico. È stata volontaria dell’ultima edizione del Progetto Pasturs, che supporta l’attività di pastori e agricoltori soprattutto nella prevenzione dei danni causati dai grandi predatori come il lupo e l’orso.
«Ho conosciuto Progetto Pasturs grazie alla sezione napoletana del WWF e mi ha immediatamente conquistata. Ho intravisto la sfida personale, oltre al desiderio di allontanarmi dalla vita caotica e di spegnere il cellulare per connettermi con l’ambiente naturale e anche con me stessa».
L’esperienza di Palma alla Malga Alta Fazzon, in Val di Sole, in Trentino è durata nove giorni. «La sveglia suonava all’alba, caffè poi subito in stalla. Davo da mangiare alle vacche e quindi le portavo al pascolo, dove le sorvegliavo per qualche ora prima di risalire alla malga per dedicarmi alla produzione dei formaggi. Nel tempo libero aiutavo nell’agriturismo, accogliendo gli ospiti, in cucina o in sala. Un po’ di riposo e poi ancora al pascolo per radunare il bestiame e riportarlo in stalla per la mungitura». Con lei c'erano Vladimir, un giovane pastore il cane Lacky, con i quali è nato un legame speciale. «Un’esperienza incredibile che mi ha riportata alla vita semplice, anche se molto faticosa».
Un progetto decennale per la convivenza
Progetto Pasturs è un’iniziativa di Cooperativa Eliante, realtà no profit che si dedica alla promozione della sostenibilità ambientale, all’educazione e alla protezione della biodiversità, dell’efficienza energetica, del turismo responsabile e della cooperazione internazionale. Il progetto, giunto al decimo anno, vede il supporto di Fondazione Cariplo, delle sezioni locali del WWF. In Valle d’Aosta, il progetto è sostenuto dal Parco Mont Avic, in Trentino, invece, dal LIFEstockProtect,. «Le prime edizioni le abbiamo realizzate sulle Orobie bergamasche, ora il progetto è attivo in Trentino, in Valle d’Aosta e nel Parco delle Foreste Casentinesi, anche se in quest’ultimo caso non è gestito direttamente dalla cooperativa», chiarisce Maria Benciolini, antropologa culturale e socia di Eliante.
Maria mi spiega che questa iniziativa ha due obiettivi principali. Il primo è offrire un supporto concreto a pastori e allevatori che scelgono di adottare misure di prevenzione contro i grandi predatori, come ad esempio la costruzione di recinzioni, l’utilizzo dei cani e la vigilanza attiva.
Il secondo obiettivo è favorire l'incontro e lo scambio tra persone diverse, ma unite dall'interesse per la prevenzione e la tutela della fauna selvatica. Durante il periodo trascorso insieme, volontari e allevatori possono confrontarsi, scambiarsi esperienze, opinioni e saperi: i primi si avvicinano alla vita in alpeggio, alle difficoltà e alle gratificazioni del mestiere; i pastori hanno invece l'occasione di dialogare con persone di altri contesti, spesso con competenze diverse e complementari.
Come diventare pastore volontario
«I requisiti per diventare un pastore volontario - spiega Maria - sono l'età, tra i 18 e i 48 anni e le conoscenze di base dell'ambiente montano. Una volta aperte le selezioni, a marzo iniziamo i colloqui per individuare i partecipanti che dovranno seguire un corso di formazione gratuito. Si tratta di una parte teorica e una pratica, dove pastori, accompagnatori di media montagna e guide alpine insegnano a montare le recinzioni, spiegano come gestire la convivenza con i cani e insegnano a riconoscere la presenza di eventuali predatori. La permanenza minima in malga è di una settimana».
Chiedo a Maria se il supporto dei volontari ha dato negli anni riscontri favorevoli. Mi risponde che gli aspetti positivi di questo progetto sono molteplici: innanzitutto i pastori e i proprietari delle malghe hanno cominciato a comprendere, seppur con non poche difficoltà, che la convivenza con lupi e orsi è possibile se si adottano le misure preventive. «Gli allevatori non staranno mai dalla parte di orsi e lupi, questo è chiaro: è difficile spiegare che la predazione non è la prima causa di morte del bestiame1 e che si può contrastare con misure efficaci. Nonostante lo scetticismo, molti si fidano perché ci vedono lavorare sul campo e per loro, che hanno imparato il mestiere semplicemente facendolo, è sufficiente», sottolinea Maria.
«I volontari, invece, si portano a casa un'esperienza importante: conoscono la fatica del pastore e della vita nelle terre alte, vivendo con l'allevatore si confrontano sui tanti aspetti diversi della quotidianità, imparano a muoversi in territori naturali e scoprono anche nuovi mestieri. Alcuni utilizzano il progetto per le loro tesi o i loro tirocini universitari».
Un'esperienza trasformativa
Progetto Pasturs, che sarà quasi sicuramente riproposto nel 2026, richiama ogni anno ragazze e ragazzi di tutta Italia. Mi basta però l’entusiasmo di Palma per capire che l’esperienza è davvero coinvolgente. «Sono partita con un po’ di timore per i cani perché temevo le loro reazioni. Alla fine, io e Lacky siamo diventati grandi amici. L’ansia per i predatori l’avvertivo talvolta quando stavo da sola, ma contavo anche sulla solida formazione ricevuta dai formatori del progetto», racconta. «A parte il ‘Wow’ che ripetevo ogni giorno, Pasturs mi ha regalato amici e mi ha insegnato ad adattarmi a situazioni nuove, soprattutto quella di stare da sola per molte ore. Ho vissuto anche criticità che mi hanno fatto riflettere sulla vita dura dei pastori come Vladimir, fatta di fatica e solitudine».

Chiedo a Palma quale sia il ricordo più vivido dell’esperienza con Pasturs: «L’acqua fresca del ruscello con cui mi lavavo il viso al mattino, il caffè sorseggiato all’alba e i rapporti umani che si sono creati in quel breve periodo», mi risponde senza esitazione.
Forse è proprio in questi gesti semplici, nei momenti rubati alla quotidianità frenetica che si nascondono i messaggi più profondi di Progetto Pasturs.
Perché oltre alla consapevolezza che la convivenza tra umani e animali selvatici è possibile e che la biodiversità può essere tutelata solo attraverso la conoscenza e il rispetto reciproco, il progetto rappresenta anche la riscoperta di un tempo diverso, di ritmi che rispettano la natura e di relazioni autentiche con un mondo che troppo spesso dimentichiamo di abitare insieme ad altri esseri viventi.
Palma è tornata a Napoli con qualcosa di più prezioso di un'esperienza lavorativa: ha portato con sé il colore dell'alba, il suono del silenzio, la forza della solitudine scelta e la bellezza dell'essenziale.